Colpa del meteo che ha dato tempo incerto, colpa degli stravizi di Pasqua, colpa della nevicata dello scorso venerdì, che magari ha fatto temere possibili valanghe, fatto sta che la mattina di Pasquetta, alle 8, nel piazzale della cabinovia Aosta-Pila eravamo in quattro, malgrado alcune “prenotazioni” sul blog avessero lasciato sperare in una maggiore partecipazione… Ma gli Amici del Vallone di Comboé, anche quando sono in pochi, non si perdono certo d’animo! Così siamo saliti (con un’auto sola, c’entravamo tutti) Andrea, Federica, Ivan e io, determinati a raggiungere il Vallone con le racchette ai piedi. Il tempo, in realtà, ci ha premiati: dopo la colazione in un bar di Pila (per me la seconda della giornata) abbiamo calzato le nostre ciaspole e siamo partiti in pieno sole. Dopo una prima disavventura (il sentiero era bloccato dalla rete che delimita una pista di sci da discesa: abbiamo dovuto staccarla dai pali e riattaccarla) abbiamo cominciato a salire tra le piste, i prati e poi, finalmente, il bosco.
Il percorso era lo stesso della Marcia a Piedi di giugno. Ricordo che allora il bosco ci aveva fatti soffrire: il sentiero saliva ripido fra i tronchi e, anche se l’ascesa non era molto lunga, alla fine eri stanco morto. Con le racchette è stato molto diverso: la neve era bella, aveva una consistenza ancora invernale, la traccia era battuta bene e quasi non mi sono accorto di arrivare fino ai prati dell’alpeggio Chamolé, che mostro qui sotto in doppia divisa, estiva e invernale.
Paradossalmente, ho sofferto un po’ di più la parte successiva, che pure non è lunga e consiste in una specie di falsopiano. In ogni caso, fino al Colle Finestra, che domina il Vallone, è stata davvero una passeggiata, molto piacevole, per di più, col sole caldo intento ad abbronzarti e a disegnare giochi d’ombra e di luce ai piedi degli alberi. Dal prato oltre l’alpeggio Chamolé ci siamo goduti il panorama delle cime dell’adret, il contrasto tra la neve immacolata e Aosta che faceva capolino, sul fondo della valle, coi suoi edifici grigi e i prati già verdi di primavera. Abbiamo proseguito per il colle, dove ci siamo fermati a guardare il Vallone, a mangiare qualche cosa, a fare un po’ di foto.
Dal colle si scorge il torrente, con il suo caratteristico percorso a meandri, che scorre tutto bello nel fondovalle imbiancato, completamente sgombro di neve o di ghiacci. Poco più là, il bianco è rotto da alberi: una piccola pineta nel mezzo del Vallone, qualche pianta isolata dall’apparenza di fungo… Ancora più su ci sono le baite, dove quest’estate abbiamo fatto fuori la polenta, e poi ancora Vallone, fino ai contrafforti montuosi che cingono la valle. Osserviamo le cime, cerchiamo i canaloni, studiamo dov’è più probabile che scenda, quando scende, una valanga. Finora ci ha protetti il bosco, ma se penetreremo nel Vallone dovremo stare attenti a non attraversare punti esposti.
Così, volendo, comincia la parte epica dell’avventura (che di epico non ha niente, ma forse al navigante può piacere): decidiamo di scendere non alle baite (bisognerebbe passare sotto due canaloni), ma almeno fino al torrente. Il sole se n’è andato, lasciando il posto a un cielo grigio e freddo. Saremo stati fermi sul colle per una buona mezz’oretta (forse più) e io non ho tenuto i guanti per mangiare: ora le dita delle mani mi fanno un male terribile. Scendiamo, comunque, anche di buon passo, fissando di tanto in tanto la montagna sopra di noi, casomai il bosco si diradasse troppo, lasciando il posto a qualche bella terrazza con neve in accumulo pronta a precipitare a valle. All’improvviso ci siamo: Ivan scorge qualcosa che definisce «preoccupante». Per un attimo immagino stupidamente che Ivan abbia avvistato qualche segno che i lavori di costruzione della strada siano iniziati. Ma con la neve è impossibile. Ciò che Ivan definisce «preoccupante» si trova qualche decina di metri sopra la nostra testa: su di noi roccia a strapiombo e sulla roccia uno spessore di neve di uno, due metri. Non conviene continuare (del resto anche il tempo sta volgendo al brutto) quindi facciamo dietro front e ricominciamo a salire verso il colle, un poco affaticati questa volta… Strada a ritroso senza problemi particolari.
All’alpeggio Chamolé “incontriamo” queste strane impronte, certo lasciate da un’antica civiltà sopra la neve perenne. «Angeli della neve», li chiama Federica, tra un tuffo nella neve e l’altro.
Ritorno a Pila. Bar. Stanchi ma meritevoli. Mentre ripartiamo con la macchina c’è persino un po’ di nevischio.
PS: Un grazie sentito agli Amici del Vallone che hanno partecipato all’iniziativa, ma anche a quelle e quelli che avrebbero voluto e non ce l’hanno fatta. La primavera porterà nuove occasioni d’incontro. Restiamo in contatto!
Ciao, Mario
Guarda le altre foto della ciaspolata nell’album!
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In definitiva, è stato molto divertente!